Biancomangiare con riduzione al Vin Santo Serelle Ruffino

Biancomangiare con riduzione al Vin Santo Serelle Ruffino

il biancomangiare con riduzione al Vin Santo Serelle Ruffino è un dolce della mia infanzia, uno di quelli che ti riportano indietro come una macchina del tempo, quando metto in bocca un cucchiaio di biancomangiare automaticamente mi tornano in mente fotografie di vita vissuta, mi torna in mente la Sandra bambina. se avete voglia di saperne di più sotto la ricetta trovate anche qualche rigo pieno di ricordi…..

e con questa ricetta ho l’onore di partecipare al contest Trastulli Toscani realizzato da Vetrina Toscana il programma di Regione e Unioncamere Toscana che promuove ristoranti e botteghe che utilizzano prodotti tipici del territorio.

Biancomangiare con riduzione al Vin Santo Serelle Ruffino

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Biancomangiare con riduzione di Vin Santo Serelle
Piatto torte
Cucina Italian, toscana
Tempo di preparazione 10 minuti
Tempo di cottura 5/6 minuti
Tempo Passivo 3 ore
Porzioni
persone
Ingredienti
per il biancomangiare
per la riduzione
Piatto torte
Cucina Italian, toscana
Tempo di preparazione 10 minuti
Tempo di cottura 5/6 minuti
Tempo Passivo 3 ore
Porzioni
persone
Ingredienti
per il biancomangiare
per la riduzione
Istruzioni
biancomangiare
  1. In un pentolino scaldare il latte di mandorle con la bacca di vaniglia e aggiungere lo zucchero facendo in modo che si sciolga completamente. Quando lo zucchero sarà sciolto abbassare la fiamma, togliere la bacca di vaniglia e aggiungere la farina mescolando continuamente con una frusta in modo che non si formino grumi e il composto risulti liscio e setoso. Non appena la crema di sarà addensata, ci vorranno pochi minuti, toglierla dal fuoco. Bagnare con acqua fredda gli stampi scelti e versarci il composto, lasciarli a raffreddare in frigorifero per almeno 3 ore
riduzione
  1. In un pentolino a fondo spesso versare il Vin Santo, il miele e lo zucchero e mescolare fino a che lo zucchero e il miele siano completamente sciolti nel Vin Santo. Abbassare al minimo la fiamma e lasciar bollire dolcemente fino a che il composto diventerà cremoso e liscio. Capovolgere lo stampo su un piatto da portata, decorare con scaglie di mandorle sgusciate, qualche ricciolo di cioccolato amaro e servire insieme alla riduzione di Vin Santo.
Recipe Notes

Il biancomangiare è una ricetta storica, si hanno le prime notizie già dal Medio Evo.

Nasce come ricetta salata, importata come “colla” da Caterina De’ Medici alla corte di Francia,  evolutasi  poi  nella  famosa besciamella,  e rielaborato  in seguito come dolce della cucina popolare fiorentina.

Si ha una ricetta del biancomangiare anche nel celebre ricettario di Pellegrino Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, con la sua famosa ricetta: “150 g mandorle, di cui tre amare, 150 g zucchero in polvere, 20 g colla di pesce, panna o fior di latte mezzo bicchiere a buona misura, acqua un bicchiere e mezzo, acqua di fiori d’arancio 2 cucchiai”

Nella cucina povera toscana il biancomangiare è una prelibatezza da bambini.

Me la ricordo ancora la voce di mia nonna che mi chiama dalla finestra della cucina:

Sandra!!! Vieni a fare merenda!

E io, che ero una bambina secca secca, quasi disappetente, una bambina che preferiva giocare nel parco con gli amici invece di fare merenda sbuffavo come un treno ma alla fine, dopo il terzo o quarto richiamo, salivo di corsa le scalette che mi separavano da casa  e andavo a fare merenda.

Erano altri tempi, erano gli anni settanta e io avevo  una decina di anni, erano tempi in cui si poteva ancora lasciare i bambini “incolti” a giocare per strada, nel campino sotto casa, fra le vigne e le case nuove che spuntavano come funghi nell’era del benessere italiano, nel periodo d’oro della nostra economia. 

E si giocava con tutto e con niente, non c’erano i computer, i videogiochi, internet: c’erano però gli schiamazzi, nascondino, i libri, Topolino, Pippi Calze Lunghe in televisione, la briscola,  Carosello.

Era tutto possibile, era una società in espansione,  non mancava il lavoro, anzi, si poteva scegliere all’epoca e non come ora che viviamo in una stabile precarietà, senza un futuro certo: all’epoca invece si aveva la sensazione che tutto fosse possibile, si poteva sognare in grande insomma.

Io crescevo in una famiglia matriarcale, allegra, piena di leggerezza, di amore. I valori erano diversi da quelli di oggi, erano importanti i contatti umani,  non c’erano i social.  Il nostro facebook era la riva del fiume Sieve a inizio Estate e i piedi scalzi dentro l’acqua melmosa e  il borraccino,  a caccia di girini da portare a casa dentro un vasetto usato della marmellata.

Si passavano i giorni di vacanza dalla scuola con gli amici più cari, in attesa di andare al mare a Viareggio, a giocare in branco, a scorrazzare per le vie del paese, a fare scherzi, a ridere, a fare spedizioni negli orti in campagna, a rubare ciliegie. I genitori non si dovevano preoccupare di pedofili o malintenzionati, tutto il paese alla fine “controllava” i figli di tutti, era una rete di mutuo soccorso, si entrava nelle case e si chiedeva da bere se si aveva sete e le mamme e le nonne degli altri erano ben contente di offrire insieme al bicchiere d’acqua anche una fetta di pane con il vino e lo zucchero o con la ricotta o con l’olio e il pomodoro insieme a una bella risata e un asciugamano per levarci il sudore e la terra dalla faccia.

La merenda era una festa, una piccola festa quotidiana, un rito da fruire con gli amici e anche se mangiare non era in cima alla mia lista di priorità mi sforzavo e poi, come si dice “in compagnia prese moglie un frate”!

E quando mia nonna mi chiamava per la merenda era una festa speciale perché lei era famosa fra gli amici di scorribande  per i dolci: era bravissima, si inventava ciambelloni sempre diversi, frutta candita, pane e latte fritto, il tutto per stuzzicare il mio latente appetito.

Ora, immaginatevi un’orda di ragazzini decenni scatenati che invade la fresca penombra della cucina della nonna Nonzia, che ci accoglieva sorridendo  con le labbra ma soprattutto con gli occhi e con  il cuore. E cominciava la guerra:

tutti a lavarsi le mani e il viso, asciugatevi bene, sedetevi e state zitti che sennò non vi do il dolce!

e giù risate, schiamazzi, urla e battute.

Come contenere cinque o sei ragazzini elettrizzati? Unico modo la merenda.  Calava il silenzio, la guardavamo mentre si muoveva: se andava verso il frigorifero si poteva ipotizzare un gelato, un dolcino con la ricotta (allora non si chiamavano muosse) o se andava verso la dispensa il pane con la Nutella, o con burro e acciuga….. e partiva il totoscommesse!

Ma l’applauso   partiva solo per due  merende speciali: uno era per il pane e latte dolce fritto, che riutilizzava il pane sciocco toscano raffermo,  e l’altro per il bianco mangiare.

Dio!, mi è rimasta la fotografia nella mente: quelle semisfere lattiginose, lucide e tremolanti che arrivavano in un vassoio d’acciaio luccicante, guarnite di scaglie di mandorle e pezzettini di cioccolato….. mi si contorceva lo stomaco dalla voglia!

Erano fresche, dolci, morbide, rinfrescanti nella calura e nel sudore dei giochi, erano una manna dal cielo.

Quei dieci minuti di quiete dopo la tempesta sono rimasti impressi nel mio dna, come un porto sicuro, una coccola tutta per me, ed è quello che ho cercato di trasmettere anche ai miei figli, non so se ci sono riuscita, ma il bianco mangiare è rimasto comunque una festa speciale negli anni della loro infanzia.

La nonna Nonzia non c’è più ormai da tanto tempo ma è rimasto il ricordo, mi è rimasto lo struggente ricordo del suo sorriso insieme al profumo delle sue merende.

Biancomangiare con riduzione al Vin Santo Serelle Ruffino

il Biancomangiare con riduzione al Vin Santo Serelle Ruffino

 è una delle ricette “scartate” nella scelta delle foto e ricette per il libro “La Toscana di Ruffino”  per cui ho cucinato e fotografato con passione ed è una delle mie “piccole” soddisfazioni della vita.

 

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6 commenti

  1. Mamma mia che tuffo nel passato! Io ci sono cresciuta col bianco mangiare, essendo allergica al latte e per questo considerata gracilina da dover ricostituire, ogni mattina mia mamma si presentava col suo piattino bianco e profumato. Non credo di averne più mangiato ma ne ricordo ancora la morbidezza in bocca. Grazie per questo remake.

  2. Mi sono ritrovata … nel tuo racconto, nel tuo periodo, nella gioia del ricordo di nonna Teresina ❤️ Anche lei gridava e impartivi ordini, le sue mani ruvide e callose, sempre pronte ad accarezzarci, in contrasto coi suoi modi burberi. E le merende semplici, di casa, con il pane di casa in testa, a fare da base a qualunque cosa. Cambiano le ambientazioni, noi non avevamo la campagna ma la periferia, i campi che ora non esistono più. Grazie Sandra per questa bella ricetta ma soprattutto per aver condiviso i tuoi ricordi. Un abbraccio bella donna

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