Il castello di Volognano e ….. gli gnocchetti di farina bianca con porcini e lupini …

 Volognano …….

tramonto sulle colline di Volognano

 
La frazione di Volognano è posta sulla cresta di una delle ultime colline che dal Poggio di Firenze degradano sull’Arno, quasi di fronte alla confluenza della Sieve nel comune di Rignano sull’Arno.

IL CASTELLO
il castello

L’agglomerato è addossato alla chiesa di San Michele ed ai resti del castello da tempo trasformato in villa. Secondo il Lami la località avrebbe avuto origine da uno stanziamento della famiglia Volumnia. Più probabile ci sembra però l’ipotesi del Pieri che il toponimo sia un derivato dal personale latino Volumnius.
Resti di una costruzione del periodo romano repubblicano sono stati rilevati a podere Bertinga, sulla pendice ovest del castello: si tratta delle fondamenta di un muro – dello spessore di 60 cm – in opus coementicium, affiorate durante i lavori agricoli, mentre sulla superficie del terreno furono rilevati detriti di laterizio e di ceramiche del periodo classico, pezzi di anfore e colaticci di piombo. 
Nelle carte d’archivio la località è ricordata per la prima volta nel 1214 in documenti riguardanti la chiesa di San Michele a Volognano, mentre il castello lo troviamo nominato in una carta del monastero di Vallombrosa del 1220 ed in un atto del 1299 stipulato in castro de Volognano. 
Durante le lotte tra Guelfi e Ghibellini, essendo i Da Quona da Volognano coinvolti nell’incendio doloso del centro di Firenze, il governo guelfo fece occupare e disfare il castello di Volognano, incamerandone i beni, all’anno 1304. Venne smantellata la struttura difensiva ed il castello in parte, probabilmente quella appartenuta ai sostenitori di parte ghibellina, allienato.
E’ stato a lungo la residenza della famiglia da Quona, signori del castello omonimo sopra a Remole, dopo la distruzione dello stesso da parte dei fiorentini (1143). Stabiliti a Volognano ne adottano il nome per distinguersi da altri rami della famiglia. 

ingresso al castello

La villa-fattoria
Nel secolo XV il castello è posseduto in parte dai Da Volognano (che adottano il nome Del Rosso Da Volognano) e per il resto dai Martellini della Cerva.
I contrasti fra le due famiglie sono forti e i Del Rosso continuano ad affermare anche più tardi i loro diritti sulla chiesa di San Michele della quale mantengono il patronato.
I Martellini della Cerva diventano poi proprietari di tutto il castello, che poi passa alla famiglia Anforti.
Secondo il Carocci il passaggio avviene attraverso una vendita ma è possibile che sia avvenuto per vie ereditarie attraverso il matrimonio (1788) di Teresa Arnaldi (morta nel 1793), figlia di Giuseppe Arnaldi e di Gostanza Verginia Martellini (ultima discendente della sua famiglia), con Luigi di Francesco Anforti (1764-1806). 
Dagli Anforti il castello passa ai Della Ripa e poi in eredità alla famiglia D’Ancona.

  

la chiesa di San Michele a Volognano

La Chiesa di S. Michele a Volognano

Priorato della famiglia Zanchini ( o Da Quona Da Volognano)e nel ‘400 e ‘500 della famiglia del Vacchia come risulta dalle visite pastorali del ‘400 e ‘500 (AA.VV.- Fonti e documenti per la storia del territorio, Firenze, 1986).
La chiesa ha origini antiche , probabilmente nel XI secolo. Alcuni ricordi del XII secolo nell’archivio dell’abbazia di Vallombrosa parlano di San Michele a Volognano. Il Repetti ricorda alcune pergamene del maggio 1139, giugno 1142 e luglio 1148 nonché un documento rogato il 17 luglio 1214 dove si parla di beni spettanti a questa chiesa parrocchiale.
La storia della chiesa e strettamente intrecciata alle vicende del castello omonimo come si può vedere dalla lapide documentaria che si trova sotto al pulpito e nella quale viene ricordata la sentenza dei Capitani di Parte del 10 dicembre 1670 con la quale si conferma il patronato della chiesa a Odoardo di Alamanno Zanchini e si vieta a Cosimo di Esaù Martellini di dipingere o apporre le proprie arme nella facciata dietro l’altare maggiore.
All’interno si trova una panca seicentesca con lo stemma e il nome dei Martellini.
La presenza più cospicua di stemmi e ricordi riguarda un’altra famiglia: i Della Vacchia o Del Vacchia, le cui armi sono presenti in un portale, sul pulpito e addiritura nella tela con la Madonna col Bambino di Lorenzo di Bicci .
Nel ‘600 i Della Vacchia avevano nella chiesa di San Michele una cappella, la Cappella del Rosario, come si può vedere dal legato di 20 scudi lasciati per testamento da Giuseppe di Zanobi Della Vacchia nel 1695.

All’interno sono conservate:
Una pala d’altare “Madonna con Bambino e santi Pietro, Paolo, Apollonia,
Michele e il committente” di Mariotto Albertinelli (firmata e datata
alla destra della scalino “MARIOTTI FLORENTINI OPUS 1514”).
Secondo Ludovico Borgo in “Mariotto Albertinelli”, Garland
Publ.Inc.,N.Y.,1976 documenti dell’archivio parrocchiale indicano come
committente della tavola ZENOBI DEL VACCHIA.

Mariotto Albertinelli – Madonna con Bambino

Mariotto Albertinelli
Madonna con Bambino e santi Paolo e Michele (a sinistra rispettivamente con la spada e con la tromba), Apollonia, Pietro (a destra con le tenaglie e le chiavi), ed infine con il committente.
Pala d’altare (1514)
Una Madonna col Bambino, olio su tela attribuito a Lorenzo di Bicci databile nel periodo 1385- 1390 circa.
L’opera formava la parte centrale di un trittico . Alla fine del ‘400 venne restaurata e rimodernata: con l’aggiunta di parti lignee dipinte con due angeli reggicorona la tavola diventa rettangolare. La modifica è probabilmente databile al 1485 durante il priorato della famiglia Della Vacchia come risulta dallo stemma presente nell’iscrizione ai piedi della Madonna “AVE MARIA PLENA DOMINUS TECUM AN.D. MCCCCLXXXV ” .
E’ da ritenere che la tavola fu destinata fin dall’inizio alla chiesa di San Michele dove si trovava di già durante la visita pastorale del 1447. E’ stata esposta alla mostra “Firenze restaura” .

La Madonna della Cintola

La Madonna della Cintola, attribuita a Domenico di Bartolomeo Ubaldini detto Puligo, era già stata attribuita al Rosso Fiorentino da Luciano Berti in “Per gli inizi del Rosso Fiorentino”, in Bollettino d’Arte, 1983, pp.45-60 e da Caterina Caneva in “Immagini del Valdarno fiorentino”, Alinari 1991.
Nella scheda dell’Ufficio Catalogo del 1966 Marco Chiarini la avvicina al Puligo e dà come probabile committente il canonico del Vacchia.
Sicuramente la tavola si trovava sul posto al tempo della visita pastorale del 1539, una data molto vicina all’esecuzione che dovrebbe essere di poco antecedente al 1520.
Le figure in primo piano potrebbero essere S. Paolo, S. Tommaso (a sinistra, rispettivamente in piedi e in ginocchio), S. Domenico e S. Giacomo (a destra).

portale duecentesco nella facciata

Dietro all’altare maggiore si trova una lunetta lignea ottocentesca, dono della famiglia D’Ancona, che rappresenta San Michele Arcangelo entro una cornice di fiori e frutta. La lunetta riproduce un modello tardo quattrocentesco, più precisamente la terracotta invetriata policroma del solito soggetto di mano di Andrea della Robbia ora custodita al Metropolitan Museum di New York.

Rignano sull’Arno 



Tornando da lavorare passo davanti a questo castello tutti i giorni perché io abito sul versante sinistro della collina scendendo verso “l’Arno d’argento”: sono fortunata, lo so…. la bellezza delle colline toscane sempre sotto gli occhi, mi basta affacciarmi alla finestra e goderne. E vi assicuro, è bello in qualsiasi momento del giorno e della notte.
Venerdì sera, dopo essere passata davanti a Volognano,  sono andata a fare la spesa, come quasi tutti i venerdì del resto….

In offerta nel banco del pesce c’erano i  lupini di mare.    Sapete cosa sono i lupini di mare? Sono delle vongole più piccole delle veraci ma assai più saporite. Logicamente non sempre si trovano perché costano anche un po’ di meno delle vongole veraci.. Io sono golosa e  non resisto alle tentazioni e ne ho messo un pacchetto da 1 kg nel carrello!!!!
  L’unico inconveniente dei lupini è che conservano molto bene la sabbia che rimane all’interno. Ma non ci scoraggiamo certo per un po’ di sabbia: per risolvere il problema bisogna solo tenerli in bagno in acqua fredda per qualche ora lasciandola un po’ scorrere ogni tanto.  E intanto pensavo, pensavo, pensavo …. e ho avuto il lampo di genio: ci metto insieme i  miei porcini, quelli che ho trovato nel bosco vicino a casa……
Amici a cena sabato sera, i soliti amici di sempre, quelli che conosci da una vita e basta che ti guardi e ti capisci. Ottime forchette e ottimi cuochi anche! Serata conviviale tranquilla visto che tutti gli adolescenti, sia i nostri che i loro, avevano “impegni mondani” fuori. C’era solo da fare il “taxista” a una certa ora per riprenderli … ma abbiamo avuto modo di gustare tutto con calma,  compreso 2 dolci e un’ottima bottiglia di vino dolce siciliano. Ci siamo sforzati molto, capirete, d’altra parte ogni tanto bisogna sacrificarsi……..
Nel pomeriggio avevamo fatto (io e la meravigliosa MIA  adolescente) gli gnocchetti di farina bianca.
L’elenco degli ingredienti.

per la pasta:

  • c.ca 700 gr. di farina tipo OO 
  • acqua tiepida q.b.
  • olio extra vergine d’oliva

Impastate la farina con l’acqua e un ricciolino d’olio evo, la pasta deve rimanere elastica. Lasciatela riposare e poi formate dei rotolini larghi un dito da cui taglierete gli gnocchetti della misura che preferite. Con le dita premete e girate su ogni gnocchetto per dargli la forma, se non è troppo faticoso, altrimenti fateli un po’ più piccolini e lasciateli senza forma.


 A questo punto disponeteli su una spianatoia infarinata e lasciateli perdere.

per il sugo:

  • 1 kg. di lupini di mare 
  • 4 funghi porcini surgelati 
  • 12 code di gambero 
  • aglio 
  • olio extra vergine di oliva 
  • pepe e sale 
  • brandy 
  • prezzemolo

Affettate uno spicchio di aglio e mettetelo a soffriggere in abbondante olio extra vergine di oliva in un padellone grande. Aggiungete i lupini di mare, un po’ di sale e pepe e chiudete tutto con un coperchio. Scuotete un po’ la pentola in modo che il tutto si insaporisca bene. Quando i lupini si sono aperti aggiungete un goccio di brandy e fate sfumare. Togliete metà degli animali dalle valve e tenetevi l’altra metà con il guscio.
Nella stessa padella, ma vuota, spolverate un pochino di prezzemolo e una fettina di aglio nell’olio e buttate i funghi porcini tagliati a cubetti abbastanza grossi. Aggiustare di sale e pepe e a cottura ultimata buttate dentro le code di gamberi facendo finire di cuocere insieme anche ai lupini.
Ricordatevi di mettere un filo di olio nella pentola della pasta in modo che i nostri gnocchetti non si attacchino fra di se. Appena cotti – ci vorranno 7 o 8 minuti circa – saltateli nel sugo e spolverate con un trito di prezzemolo fresco.
Il tipo di pasta piuttosto consistente si sposa molto bene con il sugo dei lupini profumati ai porcini…. vi lascio immaginare…..

Con questa ricetta ho l’onore di partecipare a quello che mi sembra un contest originale e un po’ diverso dal solito……

questo è il link per voi

che vinca il migliore e …… grazie a tutti…..

come sempre, buona vita ragazzi!

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3 commenti

  1. Ciao Sandra, ho partecipato anch'io al contest di Simona ed ora ne ho organizzato uno dal carattere un po' "storico".. Ti va di partecipare? Lo trovi sul mio blog!
    Grazie fin d'ora!!! 😀

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