il mio regno, il mio regno per un cavallo…. per una cucina va bene lo stesso?

c’è un mondo dentro agli occhi: 
un movimento, occhi senza pietà freddi come stelle, 
o lampi di bontà dove uno ci si perde...

Non sapendo quando l’alba possa venire,
apro ogni porta,
che abbia piume
come un uccello,
o onde
come una spiaggia!
E. Dickinson 
ecco, casa mia è così, sempre aperta. 
abitare in campagna da venti anni ha cambiato le nostre abitudini. noi viviamo con la chiave nella porta (almeno di giorno) e a stretto contatto con i nostri vicini.
la porta della mia cucina è sempre aperta quando il sole lo permette, cosicchè entrano tutti: cani, gatti, esseri umani!
ma per me è una gran bella cosa.
certo, non vi dico quando sporco entra insieme a tutta la truppa, ma tanto bisogna comunque pulire e allora!
quando ho visto il post di Lara  mi sono incuriosita e sono andata a curiosare qua, da Betulla, , che non conoscevo e che sono stata ben contenta di trovare.
il suo primo contest, La Food-blogger cucina qui….. scadenza prorogata all’8 di maggio…. ce la faccio mi sono detta, ce la posso fare!!!

e quindi sono qua, a presentarvi il mio regno
 il mio mondo,
dove impasto e strapazzo, 
ove cuocio e preparo, 
dove mi rilasso.
prego, entrate, venite pure avanti, la porta è aperta!

questa è una visione di insieme, come vedere è una  cucina grande!
in realtà queste erano le stalle.
casa mia è una vecchia torre di avvistamento, 
più o meno nel 1400.
nel corso del tempo è stata abbassata di 
un piano (inizialmente erano tre)
ha ospitato un convento, 
contadini e fattori negli ultimi secoli 
e poi venti anni fa siamo arrivati noi.
ce la siamo ristrutturata tutta da soli
con fatica ma con passione.
non lo so se lei ha scelto noi o noi abbiamo scelto lei.
so solo che da bambina quando passavo davanti al
Castello di Volognano
sognavo di abitarci da grande
e la mia casa è proprio sotto al castello….
combinazioni?
no, le combinazioni non esistono, esistono
i desideri e la nostra forza!

l’ingresso 

abbiamo cercato di mantenere intatte le 
vecchie strutture, 
queste nicchie in pietra sono originali della casa
come la maggior parte delle travi di legno del soffitto
qui i contadini tenevano i lumi e gli strumenti 
per  usare nelle stalle con gli animali
io ci tengo una parte delle mie spezie….
fissazione di blogger….
postazione acqua, 
e in fondo, 
la ragazza teteska…
postazione di lavoro…..
i magici fuochi che tutto cuociono e
tutto trasformano
ancora mensole e ancora spezie varie
il caminetto, 
utilissimo d’inverno per 
fare atmosfera e…. 
calduccino!
vicino al frigo….
il tavolo toscano 
arte povera  

la credenza, interamente costrutita
dal 1/2 pompelmo con legni di recupero e
vecchi
(si sono doghe dell’Ikea, bancali da imballaggio,
vecchie travi, vecchie panche distrutte)
con i mille aggeggi che ci tengo dentro 
altra mia mania….
le ceste di vimini, di legno o come volete voi

vi lascio con un piccolo frutto…. 
l’unico difetto della mia cucina?
c’è poca luce
il pregio?
d’estate non si superano mai i 24°….
ma non la cambierei per niente al mondo!
e non vi dimenticate del nostro contest, mio e di Gaia 
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panissimo #16, maggio…. e ci sono di nuovo io! pan di ramerino fiorentino

 

musica per l’ascolto

 

 

Panissimo è una raccolta aperta a tutti i blogger e non-blogger  che vorranno spedirci le loro ricette di lieviti, dolci o salati. sono ammessi solo lieviti naturali:  pasta madre, licoli, lievito di birra  e anche… senza lievito.
Bake any type of “bread”, sweet, savory, without salt, anything! It can also be a cake and that’s fine! Use brewer’s yeast (dry or fresh) or sourdough or… no rising agent at all!

 

per maggio a  Panissimo ci sono io, finalmente!
scalpito sempre quando devo annunciare Panissimo e se poi è da me…. allora la cosa mi emoziona ancora di più!
vi aspetto, vi aspetto numerosi come sempre, anche di più se possibile con il tema del mese di Facebook magari, la margueritte,
dobbiamo chiarirci subito, e non scherzo:
io voglio arrivare almeno a 120 ricette, è chiaro a tutti? 
Amanda? comincia a pensarci già da adesso e forza con il lievito di birra!
ecco, bene, andate a tirare fuori i lieviti e cominciate a rinfrescare, forza, di corsa!!!!!
e se qualcuno pensa di “passare la mano” ci penso io a rinfrescarvi le idee, sarò terribile, invadente, impicciona e sempre presente! ah ah ah!

 

vi rinfresco le regole:

 

  • inserite il banner nella colonna laterale del vostro blog, in modo che TUTTI la possano vedere bene e incuriosirsi
  • inserite il banner anche nella ricetta che ci manderete
  • citate con i relativi link sia me (a questo post) che Barbara 
  • mandate il pane anche alla nostra gemella Polacca, non ve lo dimenticate mai!
  • inserite la ricetta nella griglia qua sotto, in fondo al post, scegliete la vostra foto e inserite l’indirizzo mail che tanto lo vedo solo io!
  • cercate di non lasciare i vostri pani nei commenti, che, siccome che sono fiorita mi potrebbero sfuggire e sia mai, volete farmi vivere con questo rimorso?
  • mandatene tanti, almeno 4 per uno!
comunque,  tutte le regole anche in  english version here , tutte le raccolte fino ad aprile 2014 le trovate QUA .
mi sembra di aver detto tutto, vi lascio la mia ricetta e vi aspetto!
INSERITE LE VOSTRE RICETTE
 alla fine di 
 QUESTO POST
non serve che lasciate i commenti, la ricetta si inserisce cliccando sul link apposito e appare immediatamente, ma comunque io rispondo volentieri alle vostre parole, quindi… si, dai, lasciatemi anche un sacco di commenti!

 

 

Pan di ramerino

 

(panini al rosmarino)

 

il pan di ramerino è il panino del giovedì santo, il giovedì di Pasqua a Firenze.
non è giovedì di Pasqua se uno non mangia almeno un panin di ramerimo, e io fedele alla tradizione, pur non essendo una credente, ho eseguito.
lo so, lo so, li dovevo postare prima, per i dolci di Pasqua da Barbara nella raccolta di aprile ma non ce l’ho proprio fatta. Vi tocca perdonarmi!
quando ero piccola mia mamma mi mandava sempre a comprarli al forno al Ponte Vecchio.
c’era un vecchio forno a legna, di quelli vecchi e antichi, con due fornai, babbo e figliolo, che erano bravissimi con il pane toscano.
il loro era un pane bianco, con un marchio rotondo al centro.
la loro schiacciata all’olio era stupenda e i loro panin di ramerino i migliori in assoluto di tutta Pontassieve, almeno per me. Gallina, il vecchio fornaio lo chiamavano tutti Gallina e il figlio è diventato a sua volta Gallina anche lui, in realtà io non mi ricordo come si chiamava di nome!
adesso il forno è passato di mano, ci sono due ragazzi giovani che sono anche bravi ma il pane non è più lo stesso e se ci penso mi prende una grande nostalgia.
saranno le farine, adesso vanno di moda le miscele già pronte, quelle con i miglioratori, tutti i malti ecc ecc.
io invece mi ricordo che si comprava addirittura la farina al forno, ed era bella bianca o integrale nei sacchi grandi del mulino, nei sacchi di carta da 25 kg.
e quando uscivo dal forno con i panin di ramerino e la schiacciata io ero proprio contenta.
fino a qualche anno fa scartavo l’uvetta, da quando me li faccio da sola non scarto nemmeno quella: mi sono imparata un trucco che me la fa sembrare meno molliccia e quindi mi piace, non la metto in ammollo!

 

la ricetta,

liberamente tratta dal Nanni,
La vetrina del Nanni,
con le mie modifiche

per una decina di panini
450 g. di licoli rinfrescato almeno 2 volte
500 g. di farina tipo 0
1 pizzico di sale
180 g. di acqua
40 g. di olio extra vergine di oliva per l’impasto
60 g. di zucchero semolato
125 g. di uvetta
rosmarino  2/3 rametti
1 tuorlo d’uovo per la lucidatura, zucchero e olio

 

mettete il licoli nella ciotola della planetaria e aggiungere l’acqua.
farlo girare per 2/3 minuti con la foglia e poi cominciare ad aggiungere la farina lentamente e il sale e sostituite la foglia con il gancio.
intanto mettete l’olio in una padellina e fateci soffriggere dentro gli aghi di un bel rametto di rosmarino, fateli appena soffriggere e non andate oltre.
quando la farina si è ben amalgamata aggiungete l’olio aromatizzato e gli aghi del rosmarino.
la quantità di acqua è indicativa: la differenza la farà la farina che userete, ogni farina assorbe una quantità di acqua diversa. la pasta, alla fine di 10 minuti di lavorazione a velocità due dovrà essere incordata ma morbida. aggiungete l’uvetta (io non la metto in acqua perchè non mi piace quando ritorna troppo “molliccia”, la preferisco croccante). rovesciate l’impasto sulla spianatoia e fatevi un po’ di muscoli con lo stretch & fold
(qui trovate il filmatino di Michela). un centinaio di colpi? dovrebbero bastare.
mettete in una ciotola unta di olio, coprite e mettete a lievitare in forno con la luce accesa.
il mio impasto ha impiegato 3 ore e 1/2 per raddoppiare.
ho ripreso l’impasto, messo sulla spianatoia e divisi in pezzi di 80/90 g. ciascuno ma questa è una vostra scelta.  pirlate ogni panino e appoggiatelo sulla placca del forno foderata di carta.  spennellate con olio, fate i tagli a griglia, due verticali e due orizzontali – un filotto – e lasciate rilievitare sempre in forno.
dopo un’oretta i panini sono pronti per la cottura.
180°C con una teglia di acqua sul fondo per fare un po’ di vapore, diciamo che dai 25 ai 30 minuti a me sono bastati per cuocerli.
a 20 minuti dall’inizio cottura sbattere un tuorlo d’uovo con un poca di acqua e un po’ di zucchero e spennellare abbondantemente i panini.
finire di cuocere.
sono ottimi per la colazione del giorno dopo, se ce la fate a salvarne qualcuno!

 

 

 

INSERITE QUA LE VOSTRE RICETTE 
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lampredotto, sette trippe e frattaglie varie…..

Musica consigliata:
Domenico Vicinanza
fisico ricercatore al Gèant di Cambridge

Quando noi premiamo il bottone play, che cosa sentiamo?

La traduzione in musica delle particelle cosmiche. Le due sonde Voyager sono state lanciate nel 1977. Oggi sono ufficialmente in pensione, ma continuano a viaggiare nell’universo, raccogliendo dati e trasmettendoli alla Terra. Per risparmiare energia sono stati spenti molti dei loro strumenti, come le videocamere o le macchine fotografiche. I rilevatori di particelle cosmiche invece funzionano ancora e le batterie al plutonio dovrebbero mantenerli attivi per almeno altri vent’anni.

e ora passiamo dal sacro al profano…..

a me le frattaglie mi sono sempre piaciute.

che ci posso fare.
sempre.
non sono una schizzinosa, non penso che  dentro quello che sto mangiando un tempo c’erano succhi gastrici, erba ruminata per non dire…. altro.
devo ammettere che ho qualche difficoltà a mangiare le rane o le lumache,  ma per le frattaglie non ho nessuna remora: mando giù di tutto senza pensarci.
ma questo non vuol dire che non capisca chi proprio non ce la puo’ fare…. 


una delle mie frattaglie preferite è il lampredotto. senza dubbio. insieme alla trippa alla fiorentina e al cervello fritto.
ma voi sapete che cos’è il lampredotto? no? il lampredotto è  l’abomaso del bovino, il quarto stomaco, la parte più bassa.  c’è una parte magra, chiamata gala (come quella dei vestiti) e una parte grassa chiamata spannocchia, tutti nomi inventati dai fiorentini per riconoscere le varie parti.
a Firenze si parlava  di trippe già dal 1400, e si raccontava  di botteghe fumose in riva sull’Arno o di pesanti carretti di ambulanti che al grido di “trippe!!!!” aiutavano la fame primordiale dei poveri ad essere meno acuta. ci si potevano togliere le “grinze” dallo stomaco  per qualche centesimo, si potevano mangiare proteine nobili a basso costo.  si, perchè a quei tempi la parola fame era una cosa quotidiana e la risposta arrivava dagli scarti di lavorazione delle bestie, quelle parti che i signori non gradivano ma che invece  riuscivano a riempire lo stomaco con pochi soldi alla popolazione meno abbiente.
ma a Firenze il trippaio è rimasta un’istituzione.
adesso ci sono le moderne versioni dei carretti, chioschi con tutti i comfort per il trasporto e il servizio della tanto amata frattaglia dei fiorentini.
adesso nei banchi dei trippai, sparsi in vari punti strategici di Firenze, si trovano diverse versioni di lampredotto:  in inzimino, con bietole e spinaci,  con le patate, con i piselli, con salsa verde e la salsa piccante,  all’uccelletto con i fagioli e il pomodoro,  ma,  il vero lampredotto è, indubbiamente e insindacabilmente lui, il panino croccante bagnato nel brodo e farcito con gala e spannocchia, sale e abbondante pepe.
e lo mangi in piedi, davanti al trippaio che ti guarda e pende dalle tue labbra, o meglio dai tuoi occhi perchè le tue labbra sono occupate a mordere, addentare, assaggiare e assaporare tanta grazia divina.
e se ti cola il rivolo di sugo dall’angolo della bocca non importa, lo fermerai con un tovagliolo e ricomincerai a deliziarti del tuo panino, caldo, profumato, peposo ed incredibilmente buono. e dopo? un buon bicchiere di chianti, rosso, robusto.
fatevelo dire dalle bloggalline: anno scorso quando ci siamo ritrovate a Firenze una parte di noi ha pranzano con il lampredotto, in piazza del Porcellino, se lo ricorderà bene lo Zio Piero, unico gallo nel pollaio.

tutto questo per dire che a Firenze il panino con il lampredotto è un’istituzione, una cosa normale, vera, reale.
da noi in tutti i supermercati si trova normalmente il lampredotto a un costo bassissimo.
e la preparazione del piatto è la cosa più semplice del mondo, deve solo bollire e bollire e bollire e bollire!

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