Pane in cocotte

Achille Lauro, Marilù

La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione – Seneca

Pane in cocotte

l’ho bramata, sospirata, desiderata con tutte le mie forze e alla fine è arrivata, la cocotte Staub.

una collaborazione energizzante quella con @luigifantechi, con le donne soprattutto.

una corsa contro il tempo per le foto e le ricette ma la soddisfazione è stata tanta e di quelle belle, grazie alla Pamela, alla Viviana e alla Alice, donne in movimento e con la testa piena di sogni.

e come non cominciare a panificare e cucinare nella cocotte?

compulsiva, sono diventata compulsiva, ho fatto il pane per tutto il condominio lo scorso fine settimana .

Pane in cocotte

Pane in cocotte

Pane in cocotte

Impastate con amore, mi raccomando, che l’amore è necessario!

Pane in cocotte

Portata: lieviti e pani
Cucina: Italiana
Keyword: pane in cocotte

Equipment

  • Cocotte in ghisa

Ingredienti

  • 500 g. farina tipo 0 macinata a pietra
  • 50 g. farina di riso integrale
  • 10 g. farina di marroni
  • 400 g. acqua t.a.
  • 150 g. li.co.li. in secondo rinfresco o 3 g. di lievito di birra

Istruzioni

  • Per prima cosa, mentre aspetti che il lievito sia maturo nel secondo rinfresco, impasta grossolanamente la farina con 350 g. di acqua e lascia riposare per un paio di ore
  • Quando il l ievito è pronto aggiungici i 50 g. di acqua restanti e mischia
    Aggiungi il tutto all'impasto lasciato a riposare e impasta fino ad ottenere un panetto abbastanza morbido anche se non perfettamente liscio. Copri con un canovacchio e lascia riposare lontano da spifferi.
  • Lascia passare un paio di ore e poi ribalta di nuovo l'impasto sulla spianatoia infarinata e lavoralo fino a che non è liscio e, nonostante sia morbido, si stacca dalla spianatoia
    Fai un paio di giri di pieghe a libro e forma una palla, copri con una boulle e lasciala riposare per trenta minuti.
  • Scopri l'impasto e ripeti le pieghe a libro, altre due volte a distanza di trenta minuti l'una dall'altra.
  • Dopo il riposo dell'ultima piega forma il tuo pane senza maneggiare troppo l'impasto: arrotondalo portando i lembi esterni della pasta verso il centro e poi pirlalo come fosse un panettone
  • Infarina il cestino di lievitazione, o la tua forma, inserisci il pane con le pieghe sopra e copri con una pellicola trasparente o una busta (io adopero le cuffie da doccia, nuove logicamente😂)
  • Inserisci il censtino in frigorifero a lievitare per 24/36 ore.
  • Scalda il forno con la cocotte inserita completa di coperchio, a 250°C
    Estrai l'impasto dal frigorifero e rivoltalo su una carta forno, incidilo e inseriscilo con la carta direttamente nella cocotte.
    Chiudi il coperchio e rimetti in forno
  • Cuoci per 25 minuti a 250°C coperta e altri 35 minuti circa senza il coperchio e con una temperatura di 200°C
    Una volta cotto lascia raffreddare il pane su una griglia

Non è la solitudine che temo
Sono davvero un animale solitario, come un lupo che sa stare in branco ma anche da solo
Amo stare con me, mi ci trovo bene
Un bicchiere di vino, una cena con quello che mi piace, un film, un  libro, dipingere mi soddisfano
Avevo paura, da ragazza, di rimanere sola, almeno quello credevo
Ma ho capito con il tempo che non era quella la mia paura, avevo paura di non amare
Ma sono stata brava invece, sono stata brava: ho saputo amare e amo con ardore, passione, delicatezza, nostalgia tutt’ora
A volte la mia anima pensa che ho avuto tanto, di tutto, e che forse i miei meriti sono finiti, ho esaurito le possibilità, quasi non mi meritassi altro amore, come se non fossi più in diritto ad averlo
Gli ultimi anni mi sono passati addosso con forza e con dolore
A volte un dolore così grande che ho dubitato di poter ancora respirare
Ho capito, tante cose
Mi sono dovuta guardare dentro, non potevo più scappare, non avevo più vie d’uscita se non quella di affrontarmi
È stato un viaggio lungo e sono ancora sulla strada, cammino ancora, a volte arranco ma resisto
Ho trovato tanto dentro di me, ho trovato quello che non avevo mai voluto vedere, ho sempre dato ascolto alla  dea della distruzione per mettere a tacere la paura
Mi sono perdonata, e ancora mi perdono, per non essere stata all’altezza dei miei standard, per non essere quella che avrei voluto
Mi hanno sempre detto quello che ero  ma io non lo vedevo, non l’ho mai creduto
Ho sempre visto solo i difetti: troppo grassa, troppo brutta, troppo timida, troppo impacciata, troppo sognatrice
Ma ho visto i miei sogni avverarsi, uno dopo l’altro, non grandi cose ma  quello che desideravo
E non me ne sono resa conto, se non dopo anni dopo che si erano avverati
Fra le memorie del mio studio ho trovato, un giorno, un biglietto scritto per il mio compagno di allora
Descrivevo nei minimi particolari il panorama che volevo vedere affacciata alla finestra della mia cucina
La cucina è sempre stata importante per me, il mio bisogno di sfamare il mondo mi traina ancora
In cucina sono serena, in pace, appagata
Affettare una cipolla con le lacrime agli occhi, spolverare di pepe e aver bisogno di muovere il naso per questa irrefrenabile voglia di starnutire che ti fa sorridere, controllare la cottura lenta seduta con un calice di rosso, un libro, una sigaretta, una bella canzone   La grazia

Niente a cui pensare se non al cibo, all’amore, all’equilibrio del mondo, del mio mondo

Nel mio sogno dalla finestra della mia cucina si vedeva la valle, le colline, il nastro del fiume che scivola fra le vallate  danzando con la terra
Si vedevano le fronde di un albero che dondolava nella brezza, si vedevano accarezzare la finestra e mormorare fregandosi fra sè, si sentiva il refolo di vento fra i capelli, si sentiva l’aria che entrava nei polmoni
Si sentiva la famiglia, l’amore, il bene

Di nuovo, la grazia

Perfino il luogo avevo scelto e lo avevo ottenuto, ero stata esaudita
Solo allora, a distanza di forse dieci anni, mi rendevo conto, rileggendo quel biglietto scritto su una carta di cotone fatta a mano verde acqua, che quello che avevo sognato in quel preciso momento io lo avevo sotto i piedi, lo respiravo, lo avevo nella mia vita
Colpita da un fulmine

Mi ricordo di aver sceso di corsa le scale e di essermi affacciata alla finestra della mia cucina e di aver respirato
A pieni polmoni
E di aver ringraziato l’universo e me per avercela fatta
E lì è cambiato qualcosa
Li ho cominciato, lentamente, quasi con timore, a guardarmi dentro, inconsciamente, senza nemmeno sapere di farlo
Come un’onda che monta, che diventa potente, irrefrenabile e immota insieme, così bella da guardare da abbagliare
Quante volte ho avuto voglia di mollare tutto e tornare alla mia beata ignoranza, quante volte
Lilly non me l’ha permesso
Dapprima sottovoce, poi urlando e strillando dentro di me come mai avevo sentito, lasciando andare la parte ancestrale, furiosa, non dandomi tregua, mettendomi con le spalle al muro e urlandomi in faccia chi ero e cosa ero, senza pietàLa sua furia mi ha travolto, i suoi occhi iniettati di sangue ma finalmente liberi non mi hanno dato scampola sua/mia potenza è stata travolgente
Perchè quando apri quella porta, la tua porta, e ti trovi non puoi più tornare indietro, non ti puoi più ignorare


Ed è allora che capisci che non ti manca niente, che hai tutto quello che ti serve per essere felice, vedi quello che non hai mai visto

E non mi stupisco più se le persone mi vogliono bene, mi cercano, stanno volentieri con me, no, ne sono felice e non mi sento più diversa o inopportuna

Ho tanti amici, tanti affetti, tanti pensieri, tanta voglia di condividere e di ridere

Perchè la solitudine non è una condanna, è uno stato di grazia

Pane in cocotte

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