Non c’è trippa per gatti….. invece si, in umido e alla fiorentina!

per le vostre orecchie 
tchaikovsky

per gli occhi:

Piatto tipico fiorentino, piatto poverissimo, piatto fatto con le parti meno nobili dell’animale, in questo casa la mucca. Povera piccola mucca, uccisa per il nostro piacere…. comincio a pensare vegetariano….
Nei miei ricordi di bambina ci sono le storia che mi raccontava la mia nonna quando, d’inverno, non si poteva uscire perché brutto tempo. Mi ricordo di me seduta sulla sedia accanto al tavolo e lei che in piedi preparava la cena.  Mi raccontava, la Annuziatina, che quando lei era piccola – la nonna era nata nel 1921 – il mondo non era come lo conoscevo io. Quando lei era piccola non si poteva scegliere quello che si voleva mangiare: si ringraziava se c’era da mangiare. Mi raccontava della festa che era quando il suo babbo portava a casa qualche caramella o un kg di zucchero, festa grande! Uno dei dolci preferiti che lei ricordava era la famosa 

“caramella con il semelle”

pensarci ora mette i brividi. Una delle cose che più le erano rimaste nei ricordi era mangiare la caramella con il semelle: il semelle a Firenze è – era – un panino all’olio inciso a metà nella parte superiore, una vera squisitezza secondo la mia nonna; una leccatina alla caramella d’orzo e un morso di panino. E io, piccina picciò, che seduta sulla sedia di formica verdolina, con le manine tenute fra la sedia e le coscie che dondolavo in avanti e indietro mentre l’ascoltavo raccontarmi storie di quell’altra vita. Mi ricordo la voglia di starla a sentire, la voglia che ogni tanto mi costringeva a scendere dalla sedia  e ad andare ad abbracciarla e a darle un bacio per il bene che mi portava via, e mi ricordo il brillio dei suoi occhi ai miei abbracci. Cara dolce nonna.
Una delle storie preferite della nonna era la preparazione della trippa in umido e comunque la preparazione delle parti meno nobili della mucca (poteva essere anche il lampredotto o la mammella o altrimenti i testicoli, quelle che costavano proprio poco e comunque erano proteine nobili con  cui tutti all’epoca avevano poco a che fare per questione di soldi. 
Mi raccontava dei quattro stomaci della mucca, delle  diverse consistenze della “trippa”. La trippa altro non è che lo stomaco della mucca, lavato, sgrassato e cotto.
Adesso si trovano le vaschette già pronte per la cottura in tutti i supermercati, all’epoca, diceva la nonna la trippa si cominciava con il lavarla a Sieve, nella gora. La gora era l’angolo in cui le donne andavano a lavare le lenzuola e i panni sporchi di casa. Grandi sassi su cui sbattere le lenzuole che prima erano state bollite nella lisciva e per sciacquarle nell’acqua corrente. Che vita faticosa doveva essere se pensiamo che noi oggi apriamo l’oblò della lavatrice e il resto lo fa lei….
Tornando alla trippa, si lavava in acqua corrente al fiume, per togliere tutte le impurità e poi si teneva in bagno in acqua per tante ore in modo che perdesse il classico profumo non molto gradevole. 
Si poteva mettere anche un po’ di aceto nell’acqua per facilitare la pulizia. 
Una volta pulita e sciacquata veniva il bello. La sua mamma, la mia bisnonna Giulia, quella delle castagne – le faceva tagliare la trippa in striscioline e poi si poteva cominciare a cucinare: aglio e prezzemolo abbondanti soffritti in olio e già si cominciava a sognare. 
Lei mi raccontava che quando il profumo della trippa si spargeva per la casa era sicuro che a cena sarebbe arrivato qualche ospite: magari qualche bambino del casolare mandato dalla mamma a “togliersi le grinze dal corpo”, ovvero a togliersi la fame se la sua famiglia non aveva molta disponibilità in quel momento…..
Insomma, se a casa sua non c’era trippa per gatti*** si cercava un’altra casa in cui mandare a mangiare i bambini, solidarietà che oggi non conosciamo più. Il motto era che chi aveva qualcosa lo divideva con chi non lo aveva…..

Vi occorron per 4 persone.

700 gr. di trippa di manzo
aglio  e prezzemolo 
olio extra vergine di oliva
400 gr. c.ca di pomodori pelati
sale e pepe

In un tegame di coccio a fondo largo (io mio è di 32 cm.) mettete a soffriggere almeno due spicchi di aglio e una abbondantissima manciata di prezzemolo fresco tritati. Fateli soffriggere e appena sfrigolano aggiungete la trippa tagliata a striscette più o meno sottili (dipende se vi piace “sgranocchiare” o no la trippa) e fatela arrosolare insieme a una generosa spolverata di sale e di pepe. Fatela cuocere per 5 minuti girandola continuamente altrimenti si attaccherà al fondo del tegame. Una volta rosolata si sentirà un profumo diverso per la casa, aggiungete i pomodori passati e mezzo bicchiere di acqua con cui sciacquerete il barattolo dei pomodori. 
Lasciate sobbollire piano con il coperchio semiaperto, i vapori devono uscire portandosi via i profumi troppo forti. Aggiustate di sale e di pepe se necessario e al momento di servire aggiungete ancora una spolverata di prezzemolo tritato. Ci vuole il pane perché bisogna fare la scarpetta con l’intingolo che esce da questa preparazione. 
Questo è il tipico piatto della cucina povera fiorentina, di quelle che ti lecchi le dita, di quelli che oggi si trovano nei chioschi dei “trippai” fiorentini che te la infilano nel panino, magari potresti mangiare anche il panino al lampredotto con la salsa verde o in enzimino con i piselli….. io adoro sedermi in mezzo alla strada davanti al chioschetto e mangiare fiorentino…..
Per fortuna Firenze è ancora una città conservatrice sotto alcuni punti di vista.
 

Questa ricetta della mia nonna l’ho preparata per mandarla a due contest:

da Elena di A pancia piena si ragiona meglio

e anche da Max del Blog di Max per il suo contes “un coccio al mese” di ottobre 

Buona luce a tutti!

*** Il famoso detto romano “nun c’è trippa pe’ gatti” è stato coniato verso i primi del ‘900 dal primo cittadino dell’epoca Ernesto Nathan,
allorché si accingeva a eliminare dal bilancio delle spese di Roma una
voce di spesa per il mantenimento di una colonia di felini randagi.

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Tajine di baccalà e verdure perché….. la mamma è sempre la mamma

per le orecchie
per i vostri occhietti

Venerdì pomeriggio i miei figli sono stati, usciti da scuola, a pranzo dai nonni (i miei genitori) che poi li hanno accompagnati in auto fino a casa nostra. Come sempre vedo arrivare la furious tutta di corsa che mi saluta in premura, si tutto bene mamma, tutto ok, si bella la manifestazione, casino? no, non c’era casino, ora vado di corsa devo fare i compiti – su faceboock, penso io –
E poi lui, sua maestà il principe ereditario, il primogenito, il bradipo dai pantaloni strascicanti, che quei pantaloni sembra abbiano vita propria perchè arrivano dopo dieci minuti che è arrivato lui tanto son lunghi…. ma, come sempre, sono fuorimoda, sono una mamma, d’altra parte le mamme sono sempre fuori moda.  Sua maestà si trattiene dieci minuti a parlare con me della manifestazione, dei celerini, degli imbecilli che comunque girano quando ci sono queste cose e mi annuncia che andrà a Roma a manifestare prossimamente e già mi si drizzano i peli sul collo. E intanto io vedo mia mamma con un sorriso che le arriva da orecchio a orecchio, sapete, come il gatto che gioca con il topo…. Alla fine il bradipo sale e sento la mamma che chiama mio babbo:

Vezio, portalo…..

Che deve portare Vezio, penso io. E vedo entrare Vezio (il genitore) con uno scatolone largo 30 alto 60 cm circa. Vezio deposita il pacco sul tavolo di cucina e sorride sotto i baffi, anche lui.
Ma allora ditelo, ditelo che è un regalo per me!!! E io ingenuamente:

E’ per me mamma?

 Certo che è per me, per chi vuoi che sia? Scarto il pacco con impazienza e….. un’esplosione di colori! Tiro fuori la cosa e rimango a bocca aperta. Ecco, funziona così, mi spiega la mia mamma…

La Costanza, (la signora del piano di sopra) quella che fa l’infermiera alla asl, ha fra i suoi clienti una signora che ha sposato un signore marocchino, ma proprio proprio marocchino, e, siccome sono stati in Marocco per le ferie hanno portato indietro queste tazzine, si dice così? E la Costanza mi ha chiesto se la volevo anch’io: che me ne faccio io di una tazzina così?….. ma a te ti sarebbe piaciuta di sicuro, ho pensato…….

Attesa, io rimango zitta.

Mamma, si dice tajine e …… sei una bomba Mara!

E ci siamo messi a ridere tutti insieme. Ma la mamma è sempre la mamma, non è forse vero? Certo non che il babbo non sia sempre il babbo….

Che cosa potevo fare se non provarla?  Li ho invitati a rimanere a cena ma hanno declinato con un
“si mangia troppo se siamo tutti insieme” (ed è vero).
Mai adoperato una tajine, mi metto su google e vado (benedetta la rete!): vi presento la mia tajine di verdure miste e filetti di baccalà.

Ho messo a scaldare il fondo della tajine con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio in camicia. Quando l’olio ha cominciato a friggere ho aggiunto un paio di patate tagliete a mezza luna piuttosto altE e una carota affettata a listarelle, un peperone giallo a fettine e una bella cipolla rossa di tropea affettata a anelli piuttosto grossi. Per ultimo la verza affettate abbastanza fine. Ho aggiunto alcuni chicci di cardamomo, dei semi di sesamo, dei semi di coriandolo e un bel peperoncino piccante ma non troppo. Ho condito il tutto con una bella spolverata di gomasio, 12 bicchiere di acqua e ho coperto tutto.
Venti, venticinque minuti e ho aperto. Non vi dico i profumi che ne sono usciti! Ho constatato che le patate erano cotte e ho aggiunto i filetti di baccalà tagliati a strisce e ho coperto di nuovo. Ho fatto cuocere ancora 5 minuti. Al momento di servire ho aperto la meraviglia e condita con un filo d’olio extra vergine di oliva a crudo…. meraviglioso modo di cuocere questo con la tajine….

Ringrazio  ancora la Mara e Vezio per questa bella sorpresa!

Con questa ricetta partecipo al contest di  Archcook: sapori di fine estate 

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Panini all’olio con li.co.li e gli ultimi scampoli d’estate

 

per le orecchie, a tutto volume, grazie
 
dal faro di Piombino in un giorno di mezzo sole

 

 

Le cose belle della vita spettinano

Il mondo è pazzo,
è decisamente pazzo:le cose buone ingrassano,
le cose belle costano,
il sole che ti illumina il viso, fa venire le rughe.

E tutte le cose veramente belle di questa vita, spettinano:

Fare l’amore spettina,
ridere a crepapelle spettina,
viaggiare, volare, correre, tuffarti in mare, spettina.
Toglierti i vestiti spettina.
Baciare la persona che ami spettina.
Giocare spettina.
Cantare fino a restare senza fiato spettina.
Ballare fino a farti venire il dubbio
se sia stata una buona idea metterti i tacchi alti stanotte
ti lascia i capelli irriconoscibili…

Quindi ho deciso che ogni volta che ci vedremo
avrò sempre i capelli spettinati!
Tuttavia non dubitare
che io stia vivendo il momento più felice della mia vita,
è la legge della vita:
sarà sempre più spettinata
la donna che scelga il primo vagoncino sulle montagne russe
di quella che scelga di non salire…
Può essere che mi senta tentata
di essere una donna impeccabile,
pettinata ed elegante dentro e fuori.
Questo mondo esige bella presenza:
pettinati, mettiti, togliti, compra, corri, dimagrisci,
mangia bene, cammina diritta, sii seria…
Forse dovrei seguire le istruzioni
però quando mi ordineranno di essere felice?
Forse non si rendono conto
che per risplendere di bellezza,
mi devo sentire bella…
la persona più bella che possa essere!
L’unica cosa veramente importante:
quando mi guardo allo specchio,
vedo la donna che devo essere.

Perciò, ecco la mia raccomandazione a tutti donne e uomini:
abbandonati,
mangia le cose più buone,
bacia,
abbraccia,
balla,
innamorati,
rilassati,
viaggia,
salta,
vai a dormire tardi,
alzati presto,
corri,
vola,
canta,
fatti bella,
mettiti comoda,
ammira il paesaggio,
goditela
e soprattutto lascia che la vita ti spettini!

Il peggio che può succederti
è che sorridendo di fronte allo specchio
tu debba pettinarti di nuovo!

(Anonima)

Io sono sempre stata per la vita “spettinata”.

Io sono quella che si è sempre buttata in imprese titaniche, quella ottimista fino allo sfinimento, quella che se c’è da partire si parte, lo spazzolino da denti me lo porto sempre in borsa.
Io esco per fare la spesa e mi ritrovo al mare a prendere un caffè.
Io sono quella che “domani è un altro giorno”, e lo sapete bene, io voglio vivere e non  sopravvivere,  e ci ho sempre provato e sempre continuerò a farlo.
Mi piace mangiare bene, mi piace il buon vino, mi piace la compagnia e mi piace ridere a crepapelle, mi piace correre e viaggiare lenta, mi piace il freddo ma anche il caldo, mi piace il mare, mi lamento ma quando mi sveglio in piena notte e non riesco a dormire trovo quelle ore assolutamente deliziose, come se fossero rubate al sonno per fare qualcosa di buono. Avete visto di recente l’alba? Adesso che si avvicina l’inverno arriva veloce, in un momento i colori appaiono dal buio della notte e tutto si svela.
Mi piace vivere, e mi piace vivere bene, non con molti soldi ma con molti amori, con molte passioni, con molti affetti. Che la lietezza sia con noi!

E questi sono i

panini all’olio fatti con il mio li.co.li.

(e sono soddisfazioni) per gli ultimi scampoli d’estate in questo ottobre ancora assolatio.

 

 

Ingredienti:

500 gr. farina  tipo 0
100 gr. farina di kamut
300 gr. abbondanti di li.co.li. rinfrescato 3 volte e bello attivo
sale integrale siciliano
acqua q.b.
olio extra vergine di oliva
Fate gli pseudo-rinfreschi del licoli e quando il ragazzo è bello attivo impastate con le farine che avrete setacciato e mischiato insieme con un bel pizzico di sale integrale. Impastate bene, se lo fate a mano metteteci amore.
Io impasto sempre a mano, mi rilassa e mi rimette in pace con il mondo e con la vita. Sentire il glutine che si scioglie sotto le mani, vedere formare tutte le bollicine dall’aria che entra e si insinua fra le farine e l’acqua mi da una gran bella soddisfazione.
Aggiungete 5/6 cucchiaio di olio  evo e continuate a impastare aggiungend acqua al bisogno.
Formate una bella palla e incidetela in modo che lieviti meglio. Mettetela a lievitare almeno per 4/5 ore.
Io adopero il forno vuoto con la luce accesa, funziona che è una bellezza! Quando l’mpasto sarà lievitato, piu o meno deve essere raddoppiato, dividetelo in pezzi e modellate velocemente delle baguette lunghe una 30 di cm o comunque qualunque altra forma vogliate.
Rimettere a lievitare questa volta dovrebbe bastare un’oretta circa.
Prima di informare spolverare con sale e spennellare con olio extra vergine. In forno a 200à per 15 minuti circa.
Farcibile come preferite, io ho optato per prosciutto salato del Casentino, pecorino e insalta….
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