Venerdì scorso ho avuto il piacere e l’0nore di poter vedere e toccare con mano una delle realtà più belle e realmente utili fra le comunità di accoglienza dei rifugiati della Toscana, il Villaggio La Brocchi a Borgo San Lorenzo, tramite un invito di UNHCR Italia , l’ Agenzia ONU per i rifugiati in Italia.
Ho conosciuto persone, ho sentito storie, ho “letto” un libro della Biblioteca vivente, il libro della vita di Omar Osman Adan, somalo, che nel 1977 iniziò un cammino di settimane sotto il sole, attraversò una fetta di Africa per scappare da una guerra civile. Omar una volta arrivato a Mogadiscio, riesce a laurearsi e poi di nuovo è costretto a migrare perchè i 50 $ mensili non bastano a vivere e nemmeno a sopravvivere. Omar lascia quindi Mogadiscio nel 1991 per sbarcare in Italia e qua inizia la sua altra odissea, quella nel mondo “civilizzato”.
Nel 1992 il governo italiano decide di espellere tutti i somali: Omar si ritrova con un foglio di via per lui e per sua moglie incinta.
Senza passaporto, senza cittadinanza inizia la sua vita da apolide, da cittadino del mondo, senza casa, senza identità, fino a che arriva al Villaggio Brocchi dove riesce ad integrarsi nella comunità (adesso siede negli scranni del Consiglio Comunale di Borgo San Lorenzo in secondo mandato). E’ cittadino italiano, si sente un borghigiano, come dice lui, parla perfettamente l’italiano con un vago accento toscano.
Omar ci ha raccontato la sua storia mentre sedevamo in circolo, nel giardino del villaggio, con una serenità, una pacatezza che commuovevano. Raccontare la sua storia come fosse naturale, senza quasi farci sentire le sofferenze, i torti, i dolori patiti. come fosse una cosa “normale”.
Pensate: dover lasciare la propria terra, gli affetti, la casa. Partire per una meta sconosciuta per non morire di “guerra”, scappare e sperare di non morire di stenti o di morte violenta durante il viaggio, partire per una speranza, quella di poter vivere e di non dover morire.
Noi, esseri civilizzati e istruiti, noi che abbiamo avuto la fortuna di nascere nell’emisfero giusto del mondo, noi che ci lamentiamo per emerite sciocchezze, noi che non ci rendiamo conto di quello che abbiamo. Noi che ci permettiamo di dire “ributtiamoli a mare”, noi che non ci fermiamo nemmeno a pensare alla fatica di questi poveri esseri umani che sono di carne e anima come noi, che soffrono e sperano come noi. Noi ci dovremmo solo vergonagnare della nostra avidità, della nostra cattiveria, della nostra mancata empatia con i nostri simili.
Già, ma noi sappiamo solo lamentarci se l’hotel in cui andiamo in ferie non serviva buoni dolci la mattina a colazione, sappiamo lamentarci se facciamo le code per arrivare nella meta delle nostre vacanze, noi che non ci guardiamo mai attorno per non dover vedere la sofferenza altrui, siamo troppo presi dai nostri piccoli inutili stupidi problemi per fermarci a sentire.
Per fortuna non siamo tutti così, ci sono anche persone che amano quello che fanno, che amano aiutare chi ha bisogno, di qualsiasi razza, colore, paese esso sia, ci sono persone che accolgono.
SIAMO TUTTI MIGRANTI, non ce lo dimentichiamo mai, la razza umana ha colonizzato il pianeta terra, ha migrato dalla notte dei tempi, dall’Africa, per arrivare sulle rive di ogni nazione, per abitare in tutto il pianeta, SIAMO TUTTI MIGRANTI.
Ringrazio UNHCR Italia che mi ha dato l’opportunità di vedere con i miei occhi la realtà del Villaggio La Brocchi, vi invito a visitarlo e a cenare al Ristorante Ethnos dove conoscerete la cucina di Sara Unatu Tagi, la chef etiope che vi accoglierà con i suoi piatti, ringrazio soprattutto per il lavoro che UNHCR svolge per noi con i rifugiati, per il sostegno fisico e morale che riesce a dare ai migranti.
Un grazie a Festina Lente per aver organizzato il Refugee Food Festival che si è svolto nel mese di Giugno a Firenze con varie tappe nei ristoranti e si è concluso al Villaggio La Brocchi con la cena di gala finale con lo chef Marco Stabile che con gli chef Zakari Abasse e Slay Baki, arrivati dal Togo all’Italia attraversando una bella fetta di Africa, si erano conosciuti per caso su una spiaggia in Libia, si sono ritrovati in Toscana e sono uniti dalla passione per la cucina ma anche da quella per la fotografia, e con la chef Sara Unatu Tagi del ristorante Ethnos.
Sono contenta di aver potuto partecipare come blogger perchè ogni tanto è bello poter parlare anche di qualcosa di diverso dal solo food, anche se un vecchio proverbio dice che a tavola non si invecchia mai….
la parola d’ordine? accoglienza ma soprattutto INTEGRAZIONE, facciamo in modo che le nostre istituzioni non restino sorde ai problemi del mondo, aiutiamo tutti i migranti, perchè i migranti siamo noi.
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