
avete mai sentito parlare del grano arso?
è una di quelle storie che sanno di terra e di ingegno, nate quando nei campi non si buttava via niente e la fame era compagna cuotidiana.
nelle campagne della Daunia in Puglia, dopo la mietitura, i contadini bruciavano le stoppie per ripulire il terreno. e tra la cenere restavano chicchi anneriti, che i più poveri raccoglievano a mano per poi macinarli. ne veniva fuori una farina scura, profumata di fumo e di pane cotto nel forno a legna, con un gusto pieno, quasi misterioso.
oggi, per fortuna, non si brucia più nulla: il grano viene semplicemente tostato, e quella magia di aromi si ritrova intatta, solo più gentile. è una farina ricca di fibre e sali minerali, dal sapore che ricorda il caffè tostato e la nocciola, con un retrogusto amarognolo che fa venire voglia di assaggiarla ancora.
io l’ho usata per preparare spaghettoni alla chitarra con lupini di mare e polvere di zucca gialla: un piatto che unisce la profondità del grano arso al profumo salmastro del mare e alla dolcezza dorata della zucca. i colori si rincorrono — il grigio ferroso della pasta, l’arancio brillante della polvere, il bianco lucido dei molluschi — e ogni boccone racconta un equilibrio tra fuoco e acqua, terra e luce.
è una ricetta semplice, ma ha un’anima antica. un piccolo viaggio nella memoria contadina, con i piedi nella sabbia e lo sguardo verso il tramonto.
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