Parigine – brioche con crema

Parigine - brioche con crema

non è ancora finito di passare Nerone, anticiclone africano per l’appunto, e quindi ancora non si puo’ accendere il forno e io soffro assai.

queste brioche, che da noi a Firenze chiamiamo “parigine” le ho fatte nell’intervallo fra Caronte e Nerone, quando la pioggia ha mitigato l’afa infernale.

la ricetta è migliorabile ma come prima prova mi posso ritenere soddisfatta.

solo 20 minuti di cottura + il tempo di riscaldamento: diventa accettabile anche accendere il forno.

sono tornata dalle ferie, tornata?, non sono andata da nessuna parte, sono rimasta a casa. comunque, sono rientrata a lavorare e devo dire che i 15 giorni di dolce far niente, letteralmente, mi hanno giovato. che forse ero stanca morta e non capivo?

ho gozzovigliato fra passeggiatine mattutine e notturne, letture notturne, dormite fino a mezzogiorno, pranzi alle 15.00 e cene a orari siciliani. una vera manna dal cielo vivere senza orari e senza orologio, senza il tempo ma con lo scorrere del tempo, senza obblighi ma solo con “faccio quello che mi sento di fare”.

e appunto fra un anticiclone e l’altro ho fatto queste “parigine”, queste brioche alla crema.

da noi, a Firenze, questa tipologia di pasta da colazione che trovate al bar si chiama “parigina” : è fatta con la pasta brioche francese e farcita con la crema pasticcera aromatizzata al limone, proprio come quelle delle foto.

Parigine - brioche con crema

la musica per l’impasto

Gustavo Bravetti, Babel

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Brioche vendéenne salata ripiena

ovvero piccole brioche/babà ripieni di fegatini di pollo alla toscana

per Paqua si poteva non panificare? e insieme alle altre panificazioni sono usciti questi piccoli babà di brioche vendéenne salata ripiena di fegatini di pollo.

Brioche vendéenne salata ripiena

Non è per niente, Afterhours

la pasticceria francese ha sempre avuto un fascino particolare, amo i lievitati francesi, sono leggeri e leggiadri come questa brioche vendéenne.

riempirla con del “salato” è stata una bella storia.

per il pranzo di Pasqua, quello canonino con 18 portate, in allegria, in famiglia, fra risate e le famose 18 portate….

e quelli che odiano le feste comandate: perchè?

forse perchè avete la sfortuna di non avere una famiglia, una bella famiglia. io sono stata fortunata sotto questo punto di vista, ho sempre avuto una famiglia solida, sedimentata, appassionata.

non che non ci siano stati dissidi ma li abbiamo superati sempre insieme, magari davanti alla tavola del pranzo di Natale o di Pasqua. a cominciare dal tacchino intero infilato nel forno (preso a martellate per abbassare lo sterno perchè era spesso più alto del forno e bisognava infilarcelo in qualche modo) o le noci che contavano come fiches per giocare a poker o erano la posta dello scopone scientifico del pomeriggio, in attesa della cena.

la cena, quella in cui tutti dicevano, subito dopo pranzo, che non avrebbero mangiato niente perchè erano “troppo pieni” e che invece “non li vuoi mangiare due capellini d’angelo in brodo?”

e anche quest’anno la tradizione pasquale è stata rispettata: uova sode benedette (con il reiki), brodo e tortellini, arrosto e panificazione.

io, nemmeno a farlo apposta, ero l’addetta alla panificazione e a un pezzetto di antipasto, e questo è stato

la ricetta della brioche la trovate da Francesca, ricetta perfetta direi ma io ve la riscrivo comunque.

Brioche vendéenne salata ripiena

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la gelatina di susine selvatiche e la fenice di fuoco

 

ci riuscirò. lo so per certo.
mi reimpossessero di me stessa. mi ritroverò di nuovo, ancora diversa, mutata, forse più fragile o più dura non lo so, ma mi ritroverò.
e sarà bello rinascere di nuovo, dalle ceneri, come la fenice, Bennupost fata resurgo: dopo la morte torno ad alzarmi.
così mi alzerò di nuovo, lentamente ma inesorabilmente. mi riprenderò i miei tempi, i miei spazi, il mio cuore.
lo libererò da quello che non posso più avere, lo pulirò da sentimenti vecchi e farò posto ai nuovi non dimenticando mai il bene profondo.
e sarà bellissimo ritrovare i miei pezzi sparsi e rimetterli insieme come un puzzle.
perchè nella vita niente è immutabile, tutto cambia.
cambia con un alito di vento, un soffio su una fiammella di candela, una svolta a destra invece che a sinistra.
ci vorrà il suo tempo, perchè il tempo è un galantuomo, alla fine riesce a sanare anche le ferite più profonde, riesce a lenire i dolori immensi, chiude quelle voragini dell’anima che si aprono all’improvviso, nei momenti meno attesi, riesce a far si che quei pugni nello stomaco non tolgano più l’aria ma diventino carezze, impercettibili momenti di struggente nostalgia e rimpianto ma non più dolori sordi e feroci.
ci vorrà il suo tempo.
ma una cosa la so per certa, io  ho voglia di vivere, di sorridere, di ridere, di gioire, di sentire, di provare, di godere, di essere fiorita come le zucchine di luglio, di cantare come i grilli alle Cascine il giorno dell’Ascensione,  per troppo tempo ho fatto finta che non mi servisse: ho bisogno di essere felice, qualunque sia la strada che dovrò seguire. Ho bisogno di essere felice.

e nel mentre che si aspetta che  si plachino i dolori la vita mi regala attimi di soddisfazione. questa mia passione per la cucina,  questo mio amore per la fotografia  stanno sfociando in un bellissimo progetto. e già mi sento emozionata e fortunata per l’opportunità che è arrivata.



Gelatina di susine selvatiche

e se verso maggio capitate in un campo con uno di quei susini selvatici, quelli che fanno le susine che sembrano quasi ciliegie, tutto nocciolo per capirsi, non disdegante: raccoglietele, ringraziate l’albero che ve le ha regalate, lasciatele maturare in una cesta di paglia e poi con amore fate una gelatina, o una confettura. l’agro della piccola susina sarà meraviglioso con le torte, sarà perfetto per i cheesecake, sarà meraviglioso sul pane arrrostito con un velo di burro per la colazione di tutti i giorni o della domenica, con calma, con tranquillità, in pace con il mondo e soprattutto con voi stessi.

 

perchè cucinare per me non è solo preparare buone pietanze.
per me cucinare è amore. scegliere le cose migliori, l’eccellenza, ammirarle, guardarle, pensare a cosa potrebbero diventare.
queste piccole susine, rosso scuro, quasi come fossero il  sangue dell’albero, dolci e aspre nello stesso tempo, rotonde e imperfette ma magnifiche nella loro interezza sono state così brave da regalarmi con pochi minuti e pochi gesti una gelatina superba.
abbinata ad un buon pecorino stagionato questa gelatina risulta incredibile, speciale, unica.
e cucinare, con gesti controllati, annodare il grembiule, lisciarlo, lavare i frutti, togliere i noccioli, con calma, senza fretta. ascoltare buona musica di sottofondo, godersi un bicchiere di prosecco e rendersi conto che la vita è bella. si, la vita è bella, anche se difficile, sofferente, angosciante e a volte cattiva.
ma la vita è bella, tutto quello che è intorno a noi è intriso di bellazza solo che noi non abbiamo il tempo per rendercene conto. smettete di correre e concedetevi un’ora di ferie della vostra giornata per fare quello che più vi fa star bene. per me cucinare. e fotografare. e scrivere. e condividere.

 

per pochi piccoli barattoli
500 g. di susine selvatiche denocciolate
e lavate in acqua corrente
200 g. di zucchero di canna grezzo
pochi fiori di lavanda fresca
(facoltativi)
in un tegame di rame, possibilmente, altrimenti un
tegame a fondo spesso,
mettete a bollire le susine sgocciolate e lo zucchero di canna
fate bollire a fuoco vivace rimestando
per una trentita di minuti, fino a quando
i frutti sono quasi disfatti
prima cinque minuti della cottura aggiungere mezza
spiga di lavanda che toglierete prima di schiacciare
adesso schiacciate i frutti e lo zucchero
(se vi piace meno liquida della mia togliete lo sciroppo
che si forma in cottura, sgocciolate la frutta prima di
schiacciarla)
con un setaccio a maglia fittissima ottenendo
una GELATINA omegenea e quasi trasparente
invasate in vasetti sterilizzati
(bolliteli in acqua o fateli sterilizzare in lavastoviglie
con il lavaggio a 90°C)
chiudete e capovolgete il vasetto in modo
che vada in sottovuoto
lasciate così fino a che il barattolino
sarà freddo e poi raddrizzatelo
non vi rimane che attaccarci l’etichetta,
con la data di confezionamento e il nome.
una roba da poco più di un ora di lavoro per un risultato
splendido.
buona vita.

 

 

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