credo di abitare in una delle più belle campagne del mondo.
no, non esagero, non esagero per niente. la campagna toscana ti affascina dolcemente, con le sue colline dipinte con le olivete e i vigneti, con i suoi colori brillanti.
i celi tersi di questa primavera-estate, con le nuvole come batuffoli di cotone che si spostano fra i disegni delle colline, il verde dei cipressi, il frinire delle cicale. le strade si snodano indolenti e rotonde attraverso le colline e le vallate, ingioiellate dalle tante coloniche ormai quasi tutte restaurate. se viaggi nel primo pomeriggio, subito dopo mezzogiorno, l’aria è splendente, luccicante di luce bianca, quasi un viaggio nel tempo, un tornare a quieti e meno rumorosi pomeriggio di un secolo fa, senza il fremere frenetico del nostro giorno.
viaggiare per le colline toscane in questo periodo pacifica il cuore e l’anima, ti illumina d’immenso.
non so se sembra a me, amor di patria natia, ma non credo, è così bello viaggiare fra spighe di grano dorati, fiori di campo di tutti i colori, profumi di gelsomini e glicine.
ho avuto il piacere di essere ospite nel Ristorante Mulino a Vento della Fattoria di Lavacchio insieme ad Alessandro Sarti, collaborando al progetto del suo libro “IL BARDICCIO: NON FATEVI INFINOCCHIARE” per seguire le fasi di una lavorazione che esiste solo nella nostra zona, il famoso bardiccio.
il bardiccio
si misura in “caigli” dal nome del chiodo grosso e lungo che regge l’aratro al carro, o il caiglio, appunto.
questo povero insaccato fatto con gli scarti della lavorazione del maiale e del manzo, con le parti assai meno nobili delle bestie, quando sono già stati fatti tutti gli altri insaccati (prosciutti, spalle, salami, finocchione, salsicce), allora e solo allora si fa il bardiccio con cuore, polmoni, coratelle e forse qualche pezzettino di carne rimasto.
per il suo costo contenuto era forse l’unica carne che si potevano permettere i nostri nonni, si andava dal macellaio e quando non c’era più nessuno si chiedeva il bardiccio, quasi sottovoce perchè faceva “miseria”, lo compravano solo quelli poveri davvero.
quindi, diamo inizio alla RISCOSSA DEL BARDICCIO!
questo post partecipa a “Racconta il tuo produttore“, iniziativa della rete blogger di #Slowthinking per sensibilizzare sul nostro tesoro nazionale: i piccoli produttori artigianali del nostro territorio, tante perle infilate una sopra un altra che fanno della nostra Italia uno dei paesi più belli del mondo.
e così, un giorno, sulle colline toscane, sotto un vecchio mulino a vento per la macina di grani antichi, nella Fattoria di Lavacchio, fra i cipressi e al fresco della brezza del pomeriggio ho assistito alla nascita del bardiccio.
la carne delle bestie allevate a terra, a terra veramente, su pascoli verdi delle montagne del Casentino, sistemi di salatura e lavorazioni delle carni secondo le tradizioni tramandate di padre in figlio ma con moderni metodi di sterilizzazione: insomma, godiamoci questo ben di Dio!
le fasi della lavorazione con le foto in secuenza:
le carni
la macinatura
l’impasto
la “drogatura” con gli aromi
la pressatura
e adesso la chiusura a mano dei bardicci
i bardicci vengono poi fatti riposare per qualche giorno, venduti nella bottega della Fattoria e serviti nel ristorante Il Mulino a Vento ….
e il vino prodotto nelle cantine di Lavacchio, il Pachar, con le uve delle colline toscane,
ella tranquillità della campagna toscana, a un passo da Firenze ma immersi nel verde e nella natura
in un ambiente curato nei minimi particolari per l’accoglienza
con ceramiche fatte a mano dagli artigiani della zona
un meraviglioso terrazzo affacciato sul verde delle vigne per respirare
vi aspettiamo alla Fattoria di Lavacchio, per rilassare la mente e il corpo
e godere di una magnifica ospitalità
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