Ricetta in Purezza
È scuro. E non chiede il permesso.
Non si apre come un fiore, non profuma di burro, non si lascia accarezzare.
Il pane di segale ti guarda dritto, come gli occhi di chi non ha più bisogno di sorridere.
È terra.
È nord.
È fame che ha imparato a bastarsi.
È l’ombra fertile sotto la neve.
Nessuna mollica soffice, nessuna vanità. E’ solido, importante, rassicurante e affidabile.
Solo peso. Solo spessore. Solo la lenta, dignitosa trasformazione del grano oscuro in nutrimento.
Impastarlo non è un gesto da cuochi allegri, ci lasci l’anima mentre impasti.
È un rito.
Un rituale che sa di tempi lunghi, di silenzi, di madri.
Un impasto che si muove come lava e resiste come corteccia.
Non si maneggia la segale, si amalgama con l’acqua e poi si lascia li, nel suo stampo foderato in frigorifero, per 12 ore minimo. È un tempo che sa di meditazione forzata, di lezione di umiltà. Non puoi accelerare il processo, non puoi barare, non puoi controllare. Devi solo avere fede che quella cosa apparentemente senza speranza diventerà pane. E mentre aspetti, ti rendi conto che forse il mondo andava meglio quando anche noi sapevamo aspettare così, senza fretta, senza ansia, con la fiducia cieca nel potere trasformativo del tempo.
Chi lo mangia senza ascoltarlo, non lo merita.
Chi lo taglia senza rispetto, si perde la lezione.
Il pane di segale non si gusta: si contempla.
Si lascia posare sulla lingua come si lascerebbe posare una verità.
Ruvida, ferrosa, umida di memoria.
Mangiarlo è fare pace con l’ombra.
E scoprire che sotto la crosta, c’è una dolcezza profonda,
amara come la vita vera. E’ ritrovare le radici, la forza, la verità.
Questo è un pane che non fa concessioni: 100% segale integrale, niente farina bianca, niente compromessi.
Fermentato con lievito madre, cotto in forma, lasciato maturare prima del taglio.
La segale lavora a modo suo: non fa rete glutinica, non si incorda, non si impasta come le altre.
Qui si mescola. Si lascia riposare. Si accompagna con pazienza.
E poi si inforna in una culla che ne contenga la forza umida, pesante, viscerale.
Il risultato? Un pane denso, aromatico, scuro.
Che si conserva a lungo. Che si affetta sottile. Che migliora giorno dopo giorno.
La segale deve essere di quella buona, io l’ho comprata al Molino Grifoni di Castel San Niccolò durante il ritiro di 3 giorni di Pane & Parole
COLONNA SONORA CONSIGLIATA
Promise, Ben Howard
Un impasto lento merita una musica che gli somigli: profonda, organica, con un ritmo che cresce come una lievitazione silenziosa. Mettete su questa canzone, accarezzate la pasta con calma… e lasciate che sia il tempo a fare il resto.