il pane come lo mangiavano a Pompei, come lo mangiavano i romani.
il pane già un alimento usato dagli uomini del neolitico, nei primi insediamenti stabili.
la raccolta dei cereali selvatici, la scelta, la macinazione fra due pietre e l’impasto con acqua.
in seguito, forse scoperta per caso, la cottura su pietre calde, vicino ad un fuoco, fino ad arrivare all’idea del forno.
il lievito, nato con molta probabilità in Egitto, per caso, per errore, accorgendosi che se si lasciava l’impasto di farine e acque del Nilo fermo a riposare per un giorno intero si formavano all’interno bolle di gas che non riuscendo ad uscire rendevano il pane più soffice.
e i romani, con un pane per ogni giorno, un nome per ogni tipo di farina.
il pane nell’era di Roma, per la precisione a Pompei.
prima della famosa eruzione del Vesuvio che ha fermato al 79 d.c. una intera città cristallizzandola nelle sue più intime e segrete parti, Pompei contava 34 panificatori, i più grandi con 3 macine a pietra e pietra lavica per la cottura in forno e altri invece con una sola macina, piccole botteghe artigiane.
tanti erano i tipi di pane presenti in città e nelle campagne.
il panis siligineus flores,
da Siliga, farina raffinata, la farina pregiata, la farina bianca dei nobili, da qui siligineus. rotondo, diviso in 8 spicchi in modo da poterlo spezzare con le mani ancora caldo fumante di forno.
il panis artolaganus era il pane delle feste. con canditi, miele, olio, vino e ortaggi dentro l’impasto era un pane assai ricco.
come ricco era il panis cibarius, allungato e prodotto con farine setacciate di orzo e farro, il secondarius, plebeius, rusticus, a seconda del grado di macinazione della farina.
il panis furfureus, l’equivalente dei nostri croccantini per cani, prodotto con la crusca.
il panis secundarius, forma allungata e prodotto con farina integrale
il panis buccellatus , un pane che veniva asciugato, biscottato che aveva una cottura ed una asciugatura in forno caldo, quasi le nostre fette biscottate
il panis adipatus, farcito con lardo, una pane scuro, destinato alla plebe
il panis militaris castrensis, per i soldati, il panis nauticus, per i marinai, gallette a lunga conservazione.
il panis autopyrus, integrale, il panis pathicus o acquaticus spugnoso e in grado di assorbire maggior quantità di acqua.
nelle zone rurali oltre ai cereali negli impasti si includevano ghiande, castagne, leguminose.
e poi schiacciate, focacce condite con olio e rosmarino e olive.
diversi anche i tipi di cottura: sotto la cenere, nel forno tradizionale, a induzione oppure in una pignatta: al momento di servire il pane la pignatta veniva rotta per liberare il prodotto.
veramente affascinante, pensare che già da 7000 anni fa il pane era già elemento fondamentale per l’alimentazione umana.
per esempio, sapevate che il termine tutt’oggi in uso della parola farina è originato da farrina, ovvero il prodotto della macinazione del farro?
di questi pani parla Plinio il Vecchio nel XVIII libro del suo trattato Naturalis Historia.
per questa nuova ricerca, per questo nuovo spunto in realtà devo ringraziare lui, Lorenzo. da quando ho visto una pubblicazione sul gruppo di Panissimissimo di Lorenzo Soldini (in fondo al post la ricetta originale di Lorenzo in latino….) il panis siligineus flores, versione moderna non ho avuto pace: ho dovuto provare. ringrazio per la pazienza che ha avuto nel sopportarmi e nel supportarmi durante la prova generale di realizzazione. è stato un vero e generoso amico: ha condiviso link, informazioni, immagini, idee.
ho sempre avuto una passione per la storia antica e quando ho realizzato che potevo provare a rifare il pane come lo facevano i romani della Roma Caput Mundi, beh, una certa emozione mi ha assalito.
e siccome avevo tutto pronto, guarda che combinazione, ho impastato immediatamente un panis siligineus flores con immenso piacere.
e voi mi dovevate vedere mentre zompettavo in cucina, davanti al forno mentre guardavo lievitare e salire questo pane antico, meraviglioso, romantico e intimamente mio.
per Panissimo di Gennaio 2015, la raccolta n. #24, questo mese
ancora da me in attesa del nuovo sito della
vi invito a provvedere subito a panificare ed inviare!
e se volete trovate e fate anche voi un pane antico, uno delle nostre ancestrali radici, suvvia, so che ce la potete fare.
e anche dalla nostra gemellata polacca, Zalapach Chleba, per la sua raccolta mensile
inserite le vostre ricette qua sotto la rana blu
panis siligineus flores
gli ingredienti:
la mia ricetta
300 g. farina di farro
200 g. semola di grano duro rimacinata
200 g. farina tipo 0 di grano tenero
50 g. di farina di grano arso Molino Rossetto
500 g. licoli rinfrescato due volte
400 g. acqua
(la q.tà di acqua varierà a seconda dell’assorbimento delle vostre farine)
il procedimento:
setacciare le farine e mischiarle
sciogliere bene l’acqua con il licoli
aggiungere gradatamente le farine ed impastare fino
ad ottenere un impasto liscio ed elastico
effettuare un giro di S & F
lasciar riposare l’impasto coperto a cupola per
30 minuti
fare due giri di pieghe a 3 senza stringere
e lasciar riposare ancora per 30 minuti
effettuare un altro giro di pieghe e mettere a lievitare
in un cestino da lievitazione
lasciar lievitare in zona con calore costante tra
i 25 e i 28°C
quando la lievitazione sarà giusta al giusto
grado (se premete un ditino sull’impasto e questo torna
a posto la lievitazione è perfetta) ribaltate
l’impasto in una tortiera apribile infarinata e
con un raschietto incidete in otto spicchi
incidete fino in fondo il pane in modo che sia
quasi tagliato
cottura:
10 minuti a 250°C
20 minuti a 200°C
togliere l’anello della tortiera e finire di cuocer
35 minuti a 180°C
10 minuti con forno fessurato
lasciare il pane su una griglia fuori dal forno a
raffreddare ed fermarsi ad ascoltare la sua canzone
della crosta calda che scricchiola a contatto con l’aria fresca
la magia è di nuovo compiuta
NOTE:
forse sarebbe stato opportuno fare una doppia lievitazione ma io ero talmente presa che non ho avuto la pazienza di aspettare, il prossimo sarà fatto a regola d’arte
bella l’idea del pane che si spezza con le mani, praticissima, questi romani erano astuti (mica per niente!)
questa la ricetta di Lorenzo
Panis Siligineus Flore
2 libre siligo “triticum aestivum”
13 once aqua viva
44 drachme fermentum
3 drachme mel
6 drachme granum salis
650 gr farina di GT di tipo 0
360 gr acqua a TA
150 gr Licoli
7 gr malto diastasico
18 gr sale iodato fino
Autolisi di 1 ora con tutta la farina e 300 gr di acqua
Impasto di tutti gli ingredienti
dopo 5 minuti inserire il sale
Incordatura
Lasciare riposare sul piano di lavoro, coperto a campana con una ciotola.
( o dentro una ciotola unta d’olio coperta con pellicola )
Fare due giri di pieghe a tre a 30, 60 e 90 minuti dall’impasto. A 3 ore , formare la pagnotta pirlando delicatamente.
Far lievitare fino al raddoppio del volume, 3/4 ore dipende dalla temperatura, sulla placca rivestita con carta forno oppure su una tavola di legno ben spolverata con semola di GD rimacinata … coperta con una ciotola capiente o con il coperchio di un porta torte da 28/32 cm il quale essendo trasparente permette di apprezzare la lievitazione in tempo reale.
Incidere i 4 tagli trasversali a croce
Infornare mettendo la placca sopra la gratella oppure facendo scivolare il pane sopra la refrattaria.
Cuocere per 1 ora complessiva, a forno statico a 200 gradi per 30 minuti poi 180 gradi per altri 30 minuti di cui gli ultimi 10 a spiffero ventilato ed oltre il pentolino per 15 minuti ho anche spruzzato acqua per 3 volte ogni 5 minuti Lasciare raffreddare su una gratella prima di tagliare.
fonti utilizzate
Lorenzo Soldini , ispiratore e fonte di notizie primaria
I pani di Pompei
pani nell’antica Roma