apro così questo post, con dolcezza.
vi racconto una giornata, il 17 dicembre scorso, un pranzo fra amici in un’officina del gusto.
Opificio Fiorentino
così si chiama questo bistrò-ristorante-comfortbar, e Emiliano Alessi, padrone di casa, ci hanno ospitato con un pranzo speciale per blogger.
vi informo subito che non sarò tecnica, andro’ di pancia e di cuore…. e di gola!
per il tecnico vi rimando a questi post di Sara e di Michela, che sono senz’altro più brave di me. io andrò a sentimento, come quasi sempre del resto.
Opificio Fiorentino
è un raffinato bistrò che offre ai clienti, in un loft restaurato con gusto e attenzione ai minimi particolari, eccellenze locali e italiane e una cucina gentile e intelligentemente curata dallo chef Jonathan Dreoni già volto conosciuto in tutto il Mugello e la Val di Sieve.
il tutto accompagnato dai vini dell’Azienda agricola Cennatoio (Panzano in Chianti) di proprietà di Gabriella, Leandro ed Emiliano Alessi: 10 ettari di vigneti a denominazione Chianti Classico, Sangiovese Grosso, Merlot, Cabernet Sauvignon Vinsanto/Occhio di Pernice che danno vita per esempio ad un Tuscia Fuxia Rosato Toscano IGT, la cui peculiarità è di essere prodotto con Sangiovese Grosso in purezza, utilizzato per vini come il Brunello di Montalcino o i Cru particolarmente importanti che, utilizzato in questo caso per un rosato risulta una scelta davvero inusuale, oppure un Cennatoio Riserva Oro, composto da 95% Sangiovese e 5% Colorino il Cennatoio Oro si presenta dal colore rosso rubino intenso con riflessi violacei, caratteristica data dalla lunga permanenza sulle bucce durante il processo di fermentazione o un Etrusco , vino di punta dell’Azienda Agricola Cennatoio, 100% Sangiovese Grosso maturato 16-18 mesi in botte e almeno 6 mesi in bottiglia, un rosso importante e profumato.
Alessi, già nome noto nella cultura enograstronomica fiorentina, è sinonimo di qualità e ricercatezza, di attenzione per i particolari che siano essi destinati al cibo ma anche a tutto ciò che serve per una buona degustazione. l’attenzione alle materie prime, alle lavorazioni, ai particolari, al servizio.
essere ospiti di Opificio Fiorentino, di Emiliano, è stato un viaggio nella bellezza. bellissimo il locale, ristrutturato secondo criteri di elegante semplicità, di linee essenziali, di particolari.
l’eleganza nel servire a tavola, i colori, i profumi, i sapori: un viaggio nei sentimenti, nelle riscoperte di antiche conoscenze, di certezze di gusto.
Jonathan Dreoni ci ha stupito con accostamenti semplici ma semplicementi perfetti, con sapori incociati con occhio esperto, con colori e profumi. a cominciare dalla frittura di fiori eduli, quasi una tempura dai colori vividi e brillanti
al risotto alla mela verde Grammy Smith spek e curry, al filetto in riduzione di Etrusco, alle animelle fritte con bastoncini Prosciutto di Sauris affumicato con legno di faggio al balsamico.
e, ultimo ma non ultimo il dolce.
il Dolce Firenze
voluto dalla Signora Gabriella, madre di Emiliano
la storia del
Dolce Firenze
è particolarmente avvincente, ed ha come protagonista una donna e la sua città: tutto nacque da Gabriella Lombardini, titolare insieme al marito Leandro Alessi della cantina Cennatoio ubicata a Panzano nel Chianti Classico e conosciuta per la sua personalità eclettica e le idee che nel tempo si sono poi rivelate spesso antesignane; di ritorno da un viaggio in Austria verso la fine degli anni ’80, ella riflettè sul legame praticamente simbiotico tra Vienna e la Sachertorte, e notò che non esisteva un alter ego dolciario di Firenze che la rappresentasse in maniera così stretta ed inequivolabile.
L’ispirazione fu trovata infatti in una delle ricette amate da colei che poi divenne anche Regina di Francia in quanto sposa di Enrico II Orleans: si tratta del “Berlingozzo”, dolce di Carnevale (ndr: “Berlingaccio” è il termine utilizzato per indicare il Giovedì Grasso, e “berlingare” significava “divertirsi, spassarsela”) dalla texture morbida ed elastica diffuso già nel 1400 e presenza assidua nelle tavole dei Medici, secondo quanto riportato dalle cronache del tempo, che evidenziano come allora venisse consumato come antipasto.
Da qui scaturirono riflessioni e ricerche, a cui seguirono numerosi esperimenti, fino a quando non venne trovata la strada, che portava ad un’altra donna forte, originale ed amante della cultura gastronomica: Caterina dè Medici. Tornando ai giorni nostri, la produzione della ricetta originale di Gabriella Lombardini venne affidata da quest’ultima ad uno stabilimento piemontese i cui titolari, peraltro personali amici, utilizzarono un lievito madre di 65 anni: fu così che nel 1990 nacque il “Dolce Firenze”, che è tuttora realizzato con la stessa formula che prevede ingredienti tra cui spiccano burro e pasta di arancia. La confezione non costituisce un semplice elemento di packaging, ma anch’essa è un omaggio appassionato al Capoluogo toscano, riprendendo le caratteristiche della bandiera di Firenze che dal Luglio 1251 si ammantò di un giglio rosso su sfondo bianco.
il Dolce Firenze è una di quelle cose che si sciolgono in bocca, ogni morso un profumo diverso, una nuvola di arancio, un sentore di vaniglia, un profumo di buono, di casa. ti chiedi, mentre lo mangi, come sia possibile essere così soffice eppure così buono, profumato, avvolgente. e mentre te lo chiedi continui ad assaggiare, ipnotizzata dalla soffice alveolatura, dal gentile ed elegante sapore.
un ringraziamento speciale ad Emiliano, ospite squisito, che ci ha trasmesso la passione per le cose belle, per le attenzioni ai particolari. ci ha trasmesso la sua passione per la buona tavola. grazie di cuore.
troverete altri post su Opificio Fiorentino:
altre foto di Opificio Fiorentino le potete trovare sul mio Flickr
2 commenti
Deve essere stata davvero un’esperienza fantastica. Sono super golosa ma devo dire che quel risotto con la mela verde mi ha conquistata, bellissima anche la presentazione
è stato bello si, soprattutto perchè il pranzo, ottimo pranzo, è stato contornato da chiacchere fra foodglogger e tu lo sai quanto si riesce a chiaccherare noi!