Pane bianco allo za’atar con “panera”
COME quando FUORI piove
affacciarsi alla finestra e ascoltare le gocce
che picchiettano sulle foglie degli alberi,
annusare il profumo della terra bagnata,
sentire il cinquettio dei passerotti che si rispondono
da ramo a ramo.
pensare ai colori e sentirne il “profumo”
viene voglia di uscire ad assaggiare
la pioggia leggera e fredda
sentire il freddo che ti entra dentro
lasciarti bagnare fino al cuore
fino a che tutto sia lindo, pulito, bagnato e nuovo
pane bianco allo za’atar con Panera
in realtà questo pane è fatto in una PANERA, una ciotota di silicone in cui si impasta, si lievita e si cuoce direttamente: praticamente non si sporca niente altro che la ciotola di silicone!
come prima ricetta ho preferito una ricettina facile facile, con il lievito di birra – che non è la morte di nessuno! – se usato in modiche quantità.
ingredienti:
- 150 g. di farina manitoba
- 200 g. farina tipo 0 macinata a pietra
- 4 g. di lievito di birra biologico Zeus
- 220 g. circa di acqua
- 3 cucchiai di za’atar – mix di spezie orientali
- olio extra vergine di oliva
Impasto
- setacciare le farine direttamente nella Panera Lékué
- sciogliere il lievito in un bicchiere di acqua
- impastare velocemente la farina con il lievito e un cucchiaio di olio evo, poi continuare aggiungere acqua fino a che l’impasto sia ben amalgamato ma plastico e morbido
- lavorare velocemente con le mani facendo delle pieghe dall’esterno verso l’interno dell’impasto
- lasciar riposare 10 minuti e poi ripetere le pieghe per un paio di volte
- cospargere con lo za’atar e chiudere la panera per la lievitazione: a me ci sono volute 4 ore circa a temperatura ambiente
accessori e panera Luigi Fantechi – Pontassieve
Cottura:
- accendere il forno e portarlo a 220°C, inserire la panera chiusa con l’impasto lievitato e cosparso di semi
- cuocere per dieci minuti a 220°c, per venticinque a 180°C e gli ultimi 5 minuti con il forno fessurato
- togliere la panera dal forno e aprirla
ed eccolo, il nostro pane quotidiano, la magia dell’acqua, della farina e di due grammi di lievito che diventano cibo.
sarò romantica o forse stupida ma tutte le volte che tolgo il pane dal forno non posso fare a meno di commuovermi e di ringraziare, boh, che ne so, sarò certo stupida…. ma va bene così, le piccole cose, quelle che in una giornata grigia ti tengono a galla, ti fanno sentire ancora viva.
questo pane è per le ricette itineranti di Panissimo che trovate qua
11 commenti
La magia dell’acqua e della farina che diventano cibo…
Che bella questa frase, Sandra! E che bello tornare a scrivere in questo rettangolino grigio dopo che finalmente ci siamo abbracciate!
Il pane vabbè, è poesia pura! Non saprei scegliere tra una texture compatta e sofficiosa come questa e una invece più aperta ed ariosa! Adoro il pane, punto! E se penso a quanto ne ho mangiato (oltre a tutto il resto) in quella bellissima domenica, quasi mi vergogno!!! :-DDDD
La caccavella me la devo assolutamente accattare! Troppo bellissima è!
Grazie, come sempre, per la condivisione di pensieri, parole e scatti bellissimi! ♥
io ti amoro, ti amoro ti amoro!!!!
E allora sarò scema quanto te ma non me ne frega nulla, panificare mi mette in pace col mondo intero (solo per il tempo necessario alla lievitazione e alla cottura) e i papaveri mi incantano come fosse sempre la prima volta, quando ne ho avvicinato uno al viso per bermi il suo colore. La cascatella panera invece mi mancava 🙂
Maledetto correttore automatico: caccavella
accattati sta caccavella allora! e si, siamo sceme, parecchio anche!
La voglio provare pure io questa panera, praticamente si fa tutto li dentro!La soluzione per non sporcare 15mila ciotole per volta come faccio io. 😉 e comunque viva i papaveri delicati, quasi eterei, e bellissimi.
te la presto che non hai più posto in cucina ha ha ha!
Non conoscevo questo attrezzo ma mi sembra molto utile e carino!! Il tuo pane è bello e sono d’accordo con te, non serve demonizzare il lievito di birra, io sto usando quello e, se usato in quantità minime, non mi fa rimpiangere la pasta madre. Tesoro, ho letto anche il post dell’insalata detox ma che te frega? Bisogna godere nella vita e se esageri, due o tre giorni di vitamine, frutta e verdure a go-gò e via i sensi di colpa. E se non vanno via? E pazienza!!
e il colesterolo? io cerco di dirgielo di non stare con me ma lui mi vuole troppo benE… HA HA HA
Guardo sempre i papaveri, ogni primavera. Anche quelli che nascono ai bordi della strada, in città, come se la Vita fosse più forte di tutto, anche dell’asfalto, del grigio(re) e dello smog. Guardo i petali, che sembrano un tessuto. Guardo la loro leggerezza, ondeggiano al vento ma restano saldi. Guardo l’interno, tutto un mondo da scoprire. Come fosse pulito e nuovo, sì. Tutto può esserlo, col tempo, con calma, con pazienza, con volontà, con tenacia. Con naturalezza. Come cresce il pane, come si dà lo slancio, come lievita, come sorride poi.
E un sorriso a te, rosso e speziato… 🙂
i papaveri nascono dappertutto, nei posti più assurdi, nelle situazioni più strane, per quello sono bellissimi, unici e sempre piccoli miracoli. un sorriso anche a te Francesca, uno grosso e rosso